Sì alla protezione contro l'odio 15.3.21
Ora è il momento di firmare la petizione

Nonostante il netto risultato della votazione popolare, si fa ancora troppo poco per prevenire la violenza contro le minoranze sessuali. Una petizione chiede al Consiglio federale di intervenire. Per firmare c’è tempo fino al 9 marzo.
Il 63% delle elettrici e gli elettori svizzeri che si sono recati alle urne lo scorso 9 febbraio si è dichiarato a favore di un’estensione della norma penale contro il razzismo ai casi basati sull’orientamento sessuale. Anche Network, unita ad altre associazioni LGBTI nella campagna «Combatti l’odio», ha contribuito a questo importante successo. Ma una legge che consenta di sanzionare la diffamazione a fatto avvenuto non è sufficiente. È molto più importante prevenire la discriminazione, l’odio e la violenza (i cosiddetti crimini d’odio) contro le minoranze sessuali.
Per questo, nove organizzazioni LGBTIQ svizzere, tra cui Network, il 9 febbraio 2021 hanno lanciato una petizione rivolta al Consiglio federale, chiedendo misure per impedire il verificarsi di tali forme di violenza verbale e fisica. Abbiamo posto cinque domande sull’argomento a Hans-Peter Fricker della Commissione politica.
Lo scorso febbraio il popolo Svizzero ha detto sì alla protezione contro l’odio. Come mai a un anno di distanza viene lanciata questa petizione?
Grazie all’estensione della norma penale contro il razzismo, ora la diffamazione pubblica di gay, lesbiche e bisessuali è perseguibile penalmente. Si tratta di un chiaro passo in avanti per noi, ma non basta. Ancora più importante è impedire che diffamazioni di questo tipo, incitamento all’odio e persino vere e proprie aggressioni possano verificarsi. Finora, tuttavia, le autorità federali si sono rifiutate di adottare o almeno di sostenere misure preventive. La petizione vuole agire proprio in questo senso: esortando il Consiglio federale ad adoperarsi finalmente per promuovere attivamente misure preventive.
Concretamente, si chiede che le forze di polizia registrino i crimini d’odio contro i membri della comunità. Ci sono luoghi in Svizzera in cui questi crimini d’odio vengono già registrati, come richiesto dalla petizione?
La registrazione dei crimini d’odio è solo un aspetto. L’altro aspetto riguarda invece tutto ciò che ha a che fare con la prevenzione: le campagne di sensibilizzazione e di divulgazione nelle scuole e nei confronti dell’opinione pubblica, l’istituzione di centri di consulenza e il sostegno finanziario a organizzazioni impegnate in progetti di prevenzione. Attualmente i crimini d’odio contro le persone LGBT sono registrati giuridicamente solo nel cantone di Friburgo e nella città di Zurigo. I parlamentari cantonali chiedono ora ai loro governi che questa misura sia introdotta anche nei cantoni di AG, BE, BL, BS e TI. Nei cantoni GR, JU, LU, TG e VS, i deputati hanno finora respinto la proposta. In altri cantoni, la questione è ancora in fase di discussione.
Nel cantone Turgovia, di recente una mozione in tal senso avanzata dal PLR è stata respinta. Il Consiglio ha dichiarato che non è possibile registrare separatamente tutti gli atti di violenza contro ogni singola minoranza. Come ribatti?
Volere è potere. L’onere burocratico non è smisurato come sostengono alcuni. È uno dei principi del nostro Stato di diritto che i crimini siano puniti. Per farlo, è necessario conoscere i colpevoli e i loro moventi. Inoltre, riteniamo che la registrazione da parte delle forze di polizia abbia un effetto preventivo.
Quanto tempo abbiamo per firmare e quante firme sono necessarie?
La petizione è aperta per un mese esatto, dal 9 febbraio al 9 marzo 2021. Non serve un numero minimo di firme perché risulti valida, ma naturalmente vorremmo presentarla con quante più firme possibili!
Dopo di che, cosa accadrà?
La petizione è rivolta al Consiglio federale, quindi gliela presenteremo. Auspichiamo inoltre che arrivino mozioni parlamentari dal Consiglio nazionale e dal Consiglio degli Stati a perorare ulteriormente la causa. E poi è fondamentale che la petizione sia resa nota all’opinione pubblica attraverso i mezzi di comunicazione.
Intervista: Michel Bossart
Traduzione: Angelo Caltagirone