Tom Scharff, che in passato praticava la corsa su lunghe distanze ed effettuava allenamenti ad alta quota in Africa, oggi è il capogruppo di una ditta di spedizioni e di recente è diventato anche socio di Network Zurigo.
Tom, cosa ti ha sorpreso di più di Network?
La calorosa accoglienza con cui vengo accolto agli eventi pur essendo entrato da poco nell’associazione. Quattro o cinque anni fa avevo accompagnato un amico a un aperitivo di Network Zurigo e, nonostante fossi soltanto un ospite, ero stato accolto a braccia aperte, come se fossi stato da sempre uno di loro. In seguito ho partecipato al progetto del gruppo regionale di Zurigo contro la violenza omofoba e mi sono reso conto che qui attraverso il proprio impegno è davvero possibile fare la differenza. Quindi, dal momento che molti miei amici erano già soci, ho deciso di entrare anche io a far parte di Network.
Fai parte anche di altre associazioni LGBTI, come Pink Cop, ma non sei un poliziotto, sei capogruppo presso una ditta di spedizioni. Come è possibile?
Il mio ex compagno, che ho conosciuto ad Amburgo, è un poliziotto e il co-fondatore di Pink Cop. Tra l’altro è stato per lui che mi sono trasferito in Svizzera nel 2011. Sono entrato a far parte di Pink Cop perché gli statuti consentono di diventare soci se il proprio partner è un poliziotto.
Perché c’è bisogno di Pink Cop?
In una società come la nostra, caratterizzata da un’idea conservatrice della mascolinità, è ancora più importante che le persone LGBTI si facciano vedere e dimostrino di esistere anche in questo ambiente, così come in tutti i settori della società. Pink Cop, inoltre, organizza anche corsi di formazione molto utili che insegnano, per esempio, come trattare correttamente le persone trans in caso di arresto o come comportarsi in caso di violenza domestica all’interno di una coppia gay senza aggravare la situazione con un comportamento scorretto. Si tratta di misure di sensibilizzazione importanti.
In più tu sei anche socio del Pride di Zurigo.
Esatto, per sei anni, fino al 2018, ho contribuito attivamente alle iniziative dell’associazione occupandomi del coordinamento del noleggio degli stand e della stesura dei contratti di locazione. Quest’anno però parteciperò al Pride solo come ospite, perché ho una visita.
In occasione del Pride di Lucerna dello scorso anno il presidente Frank Preuss ha dichiarato che la comunità svizzera non dovrebbe più concentrarsi sulle dimostrazioni, ma restituire qualcosa alla società con i festeggiamenti. La pensi così anche tu?
Dimostrazioni e festeggiamenti possono convivere, non si escludono a vicenda. Il Pride di Zurigo si è indubbiamente evoluto: i temi oggi sono trattati in modo più generale. Quando si parla di inclusione, per esempio, ora si pensa anche alle persone disabili. Non trattiamo più gli stessi argomenti di una volta, ma ci sono sempre dei punti di attrito sui quali la società può evolversi.
Siamo giunti quasi al termine, parliamo della tua passione per i viaggi. Qual è il Paese che ti ha colpito di più finora?
Fino a 21 anni ho praticato la corsa su lunghe distanze a livello agonistico e ho avuto la possibilità di partecipare a vari campus di allenamento svoltisi in Africa. Sono rimasto colpito da Paesi come il Kenya e la Namibia, ma quello che mi è rimasto più impresso è stato il Sudafrica. Se per un attimo si lasciano da parte i problemi sociali di questi territori e si osservano solo dal punto di vista turistico, ci si rende conto di quanto siano davvero magnifici e affascinanti. Ricordo che alcuni degli atleti che si allenavano con me correvano a piedi nudi ed erano comunque più veloci di me che correvo con le mie scarpe da corsa da 200 euro. Mi ha colpito molto.
Testo: Silvan Hess
Traduzione: Angelo Caltagirone