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Lifestyle gay 9.10.20

Tempi molto duri per chi gestisce una sauna

Cosa comporta la crisi del coronavirus per le strutture tipicamente gay? Le saune hanno dovuto chiudere dall’oggi al domani. Ai gestori è venuta così a mancare la base economica. Non tutte sono sopravvissute. 

La crisi del coronavirus ha mietuto e continua a mietere vittime. La maggior parte delle persone è stata colpita in un modo o nell’altro dai provvedimenti imposti dalle autorità. Per la maggior parte gli effetti economici dei provvedimenti sono negativi, se non rovinosi: solo pochi esercenti sono riusciti persino a trarre vantaggio dalla crisi con idee innovative e ingegno imprenditoriale.

Tra i soci di Network ci sono molti imprenditori autonomi che hanno dovuto chiudere e sono stati così privati da un giorno all’altro della loro fonte di guadagno. Questo è accaduto per esempio a diversi gestori di saune gay. Erik Zgraggen del Sun Deck di Berna spiega: «I gestori di una sauna come me sono tutti sulla stessa barca: molte persone non si sentono sicure e quindi rinunciano ad andare in sauna.» In tempi normali un’estate calda non avrebbe comportato alcun problema per il suo Sun-Deck, che dispone di una bella terrazza solarium, ma quest’anno le cose sono andate diversamente.

Tutto dipende dalla comunità
Il 6 giugno in Svizzera le saune hanno potuto riaprire. «Abbiamo un piano di protezione», dice Erik, «e ci affidiamo alla responsabilità individuale.» Il fatto che ciononostante pochi uomini visitino la sua sauna, lo preoccupa: «Se altre saune, club o bar, dovranno chiudere per motivi economici, presto in Svizzera non ci saranno più luoghi d’incontro per la comunità. E questo sarebbe davvero un guaio» Secondo Erik, le ragioni per cui molti clienti non vengono in sauna sono la paura di un elevato rischio di contagio e l’obbligo di registrazione: «Le autorità ci richiedono di conservare i dati di tutti i visitatori per due settimane. Nessuno deve però temere l’obbligo di fare outing in caso di contagio, se dovesse essere questa la preoccupazione.» Le autorità infatti rendono noto solo se si è stati in contatto con una persona contagiata, ma non specificano dove.

Paura del contagio
Patrick Perret-Gentil del GOTHICSAUNA di Lugano ha voluto approfondire le ragioni dell’assenza dei suoi clienti e ha perciò effettuato un sondaggio tra il 17 e il 22 agosto. Delle 100 persone che vi hanno partecipato, un quarto ha ripreso ad andare in sauna dopo la fine del lockdown. Quasi la metà dei partecipanti (43 per cento) ha risposto di non andare in sauna d’estate. Interessanti risultano le motivazioni di chi normalmente ci va, ma non ci è andato quest’anno: in sintesi, la metà di questi uomini non è venuta perché ha approfittato del bel tempo per stare all’aperto, il 30 per cento perché aveva paura del virus, il 15 per cento perché non voleva lasciare i propri dati personali e il 7 per cento perché non poteva permetterselo per motivi finanziari. Anche Patrick è preoccupato: «La situazione è già catastrofica al momento, una seconda ondata sarebbe fatale. Se il numero di casi aumenterà ulteriormente in inverno e sempre più clienti resteranno alla larga – allora buona notte!» Prima di questa crisi Patrick riteneva che il calo dei clienti, riscontrabile da alcuni anni nelle strutture LGBTI, non fosse da attribuire solo ai social network, ma anche ai molti voli economici per destinazioni popolari. «Ora che tutto è in discussione, è giunto il momento di riconquistare la clientela dei voli a basso costo.» Per questo punta su una campagna di marketing sui social network e dice: «Spero che una ripresa della pandemia non rovini questi sforzi!»

Messo in ginocchio dal virus
Chi ha perso ogni speranza è Richard Garzarolli, proprietario della più vecchia sauna gay della Svizzera romanda – il TopClub di Losanna, aperto nel 1984. Il virus ha costretto Richard a chiudere definitivamente la sua struttura il 5 settembre dopo sei mesi di inattività. Per lui era impensabile continuare a gestire la sauna con l’obbligo di mascherina e la raccolta dei dati di contatto, e per questo non ha più nemmeno riaperto. Il socio di Network Fred Bourdier, che conosce Richard dal 2007, afferma: «Richard merita tutta la nostra gratitudine: Per 36 anni, con la sua personalità e la sua struttura, ha fatto molto per il bene della comunità di Losanna.»

Testo: Michel Bossart
Traduzione: Angelo Caltagirone

 

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